Il compleanno
La storia cambia
nel dolore,
nasce questa sera la luna
senza un canto;
intorno tutto tace: primo compleanno di me febbricitante senza
una madre...
Lei era oramai ossa di cristallo, a
tratti contenta del poco, il suo cancro l’aveva ingentilita...
Tutto tace intorno, fuori fà freddo,
affiora l’essere qual è; questo, quello, qualsiasi.
Dice il vento smorfia notturna: Sii come il
frutto, staccato dall’albero...
Giochi d’ombra
Quale l’ombra, Pietro,
per un sole non convincente?
Giocavi col legno colorato sotto gli occhi d’acqua di
tua madre, ed io lontano, indifferente, quasi adulto...
Eccoci infine dopo anni immersi nel
verde di un prato straziante, verde-ricordo... come comici. In giochi d’ombre,
che sono colonne, contro il sole, che ci sta a guardare.
Veli e foglie
Ha perso i veli, la verità,
per aver detto noi che ne aveva tanti. È così che un albero perde le sue
foglie?
Verità d’autunno: guardare nel buio credendo
di vedere...
Limoni
Porta in dono limoni, frutti del suo
albero, del suo sapere; propone sorridente eterna maternità... ma
grembo inaridito
Così è Lei
forse mostra una strada, un terrapieno... che è polpa-di-limone.
È semplice ninfa forse col cuore
tremolante, che vuole giocare?
Versetti
Il vero?
Qualcosa di rilavato, ricavato; o non piuttosto altro,
in questo?
Versetti, sempre preferibili forse, del
mio
materialismo, ovvero il mattino, l’allegro nell’aria, l’oro
causato dal giallo, l’amore per il canto degli uccelli. Farà infine
che si esca dalla notte?...
Rinnovato
sapere
Ogni giorno salvarsi (come oro)
anche dall’incanto di un uliveto che giace al sole,
con gusto di marmo
non dovrà ingannarmi l’antichità né il profondo...
Salvarsi dal vecchio linguaggio, messosi sempre in
vetrina
dal mondo degli occhi, il più bello...
Sempre sarà così rinnovato sapere.
Ospite del
cielo
Ospite del cielo,
ospite mattiniero del negozio dei petali dei fiori:
li annusa, esamina la merce, ronzando poi via
ridicolo.
Io prendo così i miei arnesi al mattino ed esco
nell’aria,
ospite del cielo.
Il confine del dono
Non ancora ragazzo avrei voluto
raccogliere grappoli d’uva
in un vigneto vasto, tranquillo,
la terra bruciata dal sole;
ma di quel vigneto non sapevo la fine, la forma: non
v’era per me confine nel dono...
Avrei dovuto capire la luce quando è gravida
d’ombra?...
Alfabeto delle stelle
Stelle, manto stellare, alfabeto delle
stelle;
forse spiriti ante-nati, forse forse neanche nati,
forse brillanti numeriche trasgressioni: ciò che coi sensi non riesci a calcolare...
il nulla dal volto placato, il
pensiero del nulla.
Scroscio di una pioggia appena nata
Meglio si è alle volte
attenuandosi il cuore nello scroscio di una pioggia appena
nata,
presto fattasi totalità;
un basso ululo, che prende lo stomaco,
facendo che si ruzzoli fra i ricordi.
Una lampada
Cigolii e silenzio, corse del vento
aria arruffata.
Dentro giochi di tempesta una lampada traballa sospesa
ad un cavo d'acciaio.
Io la credo triste e non capisco: lei dispettosa si
diverte...
Così sono le cose necessariamente.
Tuona, lontano...
l'inverno è una voce
nel cuore di una stradicciòla
sonante di pioggia.
Occhi molto
umani
Lieve correr via del cavallo (dodicenne, dagli
occhi molto umani)
nel timido declinare del colle storico
suo farsi poco più in là, forse non in disparte...
Riconquiste del senso, del bene,... lo
vediamo penetrati fra rovi e fronde, fra cespugli, nel fitto della natura-ombra (il
volto metallico di una vettura, bel prodotto lucente graffiato, reso opaco
dalle spine dei rovi, che sono come gridi..., con nessuna profondità: stare
del dolore come una superficie...).
I bimbi del colle giocando fanno correr via
il cavallo dagli occhi molto umani, molto
paterni...
Occhi molto umani tristemente adulti significa nulla...
Ci saranno solo domande, come foglie e fiori...
I bimbi del colle continueranno a giocare
immersi nell’aria.
Il finocchio
Quanto più cresce il giovane finocchio
nel suo chiarore,
nel profumo fra cielo e terra, tanto
più è felice l’insetto,
il meccanismo che vola,
sugge dove può la sostanza lasciandolo
fermo nell’apparenza
con vibrar d’ali
quasi-perfetto...
Eclissi
Ho visto due eclissi del sole, piacere-paura sottile nel
vedere affezioni,
cedimenti inattesi, in lontananza...
Vorrei aver riso, forse, almeno una volta
ma avevo solo occhi...
Giorno e notte sono affezioni, forse lo sono anche le
stagioni;
molto di cui ci si nutre, molto di più di quanto non
si creda, è l’eclissi, l’altrui pena...
Hai visto tu anche eclissarsi la ragione,
il cavaliere superbo disarcionato dal cavallo,
malattia in fondo del bello?
Ballata dell’io
penso
Torcersi spontaneo di un giorno
freddo e ventoso
verso la sua conclusione...
La sera, come archiviando, spegnendo,
musicando,
una gelida tramontana corre per le strade, fra le
case
intorno alle cose;
salta sui muri, sui balconi, sopra i tetti; poi
abbandona l’abitato cieco, la pianura;
risale decisa i sentieri di un colle...
Là percuote il fogliame e i secchi arbusti,
con rumore di tempo: quelli si piegano impacciati
e il loro restare così trafitti è ridicolo, per la mia
contemplazione...
Ballata dell’io penso, che si sente così
refrigerato:
un parlare assoluto, un poter gridare, la
forza di liberarsi del guscio
il dire con forza: Può essere che stia sognando,
solo sentendo di smarrirsi...
Gusci antichi
Ammalarsi del tempo, visto di lontano
improvviso rabbuiarsi delle creste dei monti
ondeggiare con sconquasso
nella furia del vento serale delle fronde degli
alberi neri (piccoli poderosi alberi d’inverno...)
senza rumore di fronde,
senza che vi sia luna in quell’ondeggiare
notturno, nemmeno dolorosa morte...
Antico guscio della lontananza, nato per dare conforto
guscio antico degli occhi...
Il fuoco e il
corpo
Dentro è l’assoluto, il seme nascosto,
il sorprendente:
il fuoco contro il viso della
notte...
Fuori s’agita il corpo, minuto, realismo del nido;
il piccolo corpo ha gli occhi come finestre... belli,
luminosi, solo da contemplare come acque.
Il corpo spesso prevale sul fuoco, dà il senso della
notte
alle volte rattrista... ma poi?...
Un gatto
Si culla vicino alle mie ginocchia, le sfiora appena
lo riconosco
ha pelo soffice, ha il senso del dubbio
è un gatto.
Il sonno
Il passero che ha i miei occhi, che condivide la mia
stessa luce, ha capito: deve dormire molto per poter viaggiare
(alzarsi in volo forse sopra l’eterno, che lo costringe al canto), forse
per poter a modo suo volere...
Il sonno - sembra dire - è la libertà dei poveri:
ovunque poter appendere il corpo, nostalgico.
Grande libertà, io penso, nel sollievo;
ma vorrei tanto mangiare quell’uccellino: potrei rapirlo nei
suoi stessi sogni...
Stile giallo
Sulla superficie del mare antica-immobile
nella notte calma furtivamente la luna si
fà specchio ...
Forse lei è sorridente...
Quella superficie è linguaggio
nel linguaggio la paura si specchia in stile
giallo.
Ma è la luna bellissima ciò che vedo
e sotto sotto non so quanti tumulti...
Giorno dopo
giorno
La notte sino alle tre
nel frutteto
ha cantato l’usignolo
verso caldo
pungente-piangente
del solista.
Ed era il volto di aldo, l’ottimista…
Poi l’abbaiar dei cani
poi più nulla
il sonno mi ha preso con sé.
Ho ritrovato nell’alba
canti minuti
sparsi nell’arco del cielo
gridi dell’Essere
giorno dopo giorno.
Questo accade
al mio vecchio sentire.
Mai saprò che cosa sia
il canto degli uccelli
il volare sui tetti...
Morbide ciglia
del vento
Aria rossa ardente
sgorga
dai fonti di terra
come fumo.
Che cos’è
nell’orizzonte
la Città
canto dei vivi?
Ritmi notturni
impressi nel cuore
da sempre.
Così me ne sto fantasticando
fra il passo del tempo e il farsi sera
morbide ciglia del vento.
Alberto
Alberto è il giorno velato
d’agosto
la pelle scurita dal sole
l’uva
che va colta quando è tempo
il pruno
che cola il suo giallo...
è l’orto pomeridiano
il verso di una tortora bianca
in un cielo blu
di solo sguardo.
La luna titubante
La luna titubante...
così è la sera ...
Si sveste ...
La febbre nell’aria è leggera.
La civetta
avanzandosi la notte
canta
d’impenetrabili piogge...
Quel canto è grido
immortale
è notte
è sgomento...
l’aria alfine sarà rumore
di solo vento.
Profumo di pane
Quell’angolo
del pane
sempre sarà
lo stesso,
nascerà nel
cuore
ogni mattino.
Due-tre
cartine di caramella
salite
d’improvviso sul dorso del vento
polveroso;
due bimbi rilavati, fermi
che si guardano in silenzio;
un cane che
passa incuriosito;
il canto
del mare
seminascosto.
Io dialogavo
con giovani fantasmi, allora
ed ero
lambito dal sole come da un’onda.
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