domenica 24 marzo 2013

ONIRICI 90 (trascrizioni di sogni)




1.- Marta, itinerari del senso di colpa

Lui, P., andava a trovarla, in una pensione.
Il primo giorno stava bene, Marta, con la sua camicia da notte color crema; rispondeva alle domande, era serena, non sembrava nemmeno ammalata.
P. era contento che lei non soffrisse, o non sembrasse soffrire, lo era al punto che si domandava perché la sua vecchia amica - che egli almeno riteneva tale: ma forse era la madre, una sorella - giacesse lì, in quel letto vicino alla finestra, collocato verso il centro della stanza chiara, quando avrebbe po­tuto fare una vita eguale a quella di tante altre donne: uscire al passeggio, conversare con le amiche...
Era strano, ma per lui quella domanda era come un problema da risolvere logicamente, con la sintassi del suo cervello non più tanto giovanile: aveva ora quarant’anni. E forse la donna, in quella condizione, li esprimeva, fungeva da allegoria.
Quando era per strada quella domanda lo ossessionava: quelle donne, che susci­tano la solidarietà dei passanti, per la loro manifesta età oramai non più verde, erano fortunate, potevano camminare per la strada, osservare le vetrine dei ne­gozi, salutare i conoscenti, ecc.; esse rientravano nella normalità e non erano colpevoli di tutto ciò che potesse loro accadere, questo andava riconosciuto ... ma quanto era idiota il fatto che fossero esse a voler essere compatite e quanto lo erano i passanti che le salutavano, che le compativano.

Il primo giorno - questo P. lo avrebbe ricordato finché fosse vissuto - quella stanza chiara era piena di sole. C’erano altre due donne, silenziose; c’era l’armonia, in quella stanza d’albergo.
Tornò a trovarla più volte, P., e lì trovò un giorno il fratello, che ai piedi di Marta scherzava amabilmente. Non riusciva a capire che razza di rapporto fosse quello suo con il fratello. Era sì il fratello, ma poi? Forse si fingevano fratelli, facevano del tutto per esserlo ... forse un giorno lo sarebbero stati, perché non lo sarebbero mai stati…
Amici non sarebbero mai potuti esserlo, se le parole, le singole parole, avevano significati abissalmente lontani per l’uno e l’altro; e allora?
Suo fratello quel giorno s’intrattenne al capezzale di Marta più a lungo del solito (di solito veniva e andava, correndo dietro ai suoi appuntamenti, una parola che P. non capiva, e dunque odiava) ed era sera, una rossa sera, mite, quando i due si abbrac­ciarono e si separarono, come debbono fare i fratelli. P. notò che da qualche anno, stranamente, abbracciava e baciava molto di più di quanto avesse mai immaginato. Sapeva che era una commedia ma lo faceva egualmente.

Un giorno, era di domenica, un giorno di festa, quella stanza si popolò, erano le visite dei parenti, secondo l’usanza, e dunque al di fuori di ogni coscienza, e gli ap­parve come la sala di un ristorante, gli ricordava meglio una trattoria nella quale andava con i genitori, vicino a Firenze, in una dolcezza straziante delle domeniche d’in­verno, sotto carnevale, con il fiumiciattolo nativo dell’Appennino che s’insinuava in un pioppeto, un ponticello di legno, e i mascheroni di cartapesta seminascosti coi colori in penombra ad una stradina soleggiata, in una rimessa per i carri. Il fratellino, graziosissimo, con gl’istinti di gatto, che dava camminando la mano al padre.
... Aveva gli occhi volti al soffitto, mentre ricordava queste cose, e Marta se ne ac­corse, e lo guardava. Marta adorava, lei che aveva lavorato duro tutte le settimane, andare la domenica al ristorante: “per farsi servire”, diceva.

domenica 17 marzo 2013

Il pioppeto, un fiumicello ...




Caro papà,
caro non senso,
ti ricordi dei pioppi
dell'appennino tosco-emiliano? 

Ricordi di quel sole che era un tempo? E ci determinava, sorridendoci ?
Laddove noi uniti correvamo, come raccolti ?

E tra i pioppi quel fiumicello con il rumore della sua corsa e
l’entusiasmo atletico alfabetizzante
del Bello?: il Nostro ?

Il sole solo
nel cielo d’inverno,
l’inverno Bello

racchiuso nel nostro manto,
in terrestre non senso?

ahimè ! la pelle di quei pioppi ... 

Papà-libertà,
tu riempivi il vuoto… e io lo sentivo

Libertà-fosso, fosse, foglie
dopo tanto nella mia mente ora leggera

ora pietosa del sé,
che indossa. 


Senza che vi sia Luna (frammenti personali)




Il compleanno

La storia cambia
nel dolore,
nasce questa sera la luna
senza un canto;
intorno tutto tace: primo compleanno di me febbricitante senza una ma­dre...
Lei era oramai ossa di cristallo, a tratti con­tenta del poco, il suo cancro l’aveva in­gentilita...

Tutto tace intorno, fuori fà freddo, affiora l’essere qual è; questo, quello, qualsiasi. 
Dice il vento smorfia notturna: Sii come il frutto, staccato dall’albero... 



Giochi d’ombra

Quale l’ombra, Pietro,
per un sole non convincente?
Giocavi col legno colorato sotto gli occhi d’acqua di tua madre, ed io lontano, indifferente, quasi adulto...

Eccoci infine dopo anni immersi nel verde di un prato straziante, verde-ricordo... come comici. In giochi d’ombre, che sono colonne, contro il sole, che ci sta a guardare.




Veli e foglie

Ha perso i veli, la verità, per aver detto noi che ne aveva tanti. È così che un al­bero perde le sue foglie?
Verità d’autunno: guardare nel buio credendo di vedere...



Limoni

Porta in dono limoni, frutti del suo albero, del suo sapere; propone sorridente eterna maternità... ma grembo inaridito
Così è Lei
forse mostra una strada, un terrapieno... che è polpa-di-limone.

È semplice ninfa forse col cuore tremolante, che vuole giocare?



sabato 16 marzo 2013

Empèdocle (sciorinatura notturna)


 



I

Delle cose naturali
qualcuno pensò
che dalla Terra
prima che la notte e il giorno si separassero
fossero nati gli alberi
che avrebbero avuto maschile e femminile
unificati in sé.

Che l’autunno delle foglie cadenti
venisse sempre dal caldo d’estate
che soffoca le linfe

e che ciò non fosse per l’alloro
l’ulivo,
la palma…

: qualcuno il sesso
della vecchia moglie
lo avrebbe riamato.



II

Amore disgregato
poté generare
animali e piante.

Dal tutto per congiunzione
nacquero cose
prive di sesso.

Nulla di bello
niente neanche
di musicale e bello.

Privi di silenzio
furono gli abeti
grande ne fu per gli uccelli
e gli insetti la sorpresa.

Sfiorò subito
l’uccisione.



III

L’uomo cadde sulla testa
assai presto
nella notte storica.

Disse infatti il Mare
Empedocle
il sudore della
Terra.



IV

Ha grosse gambe la tua
Luna?

L’occhio è gentile?
forse sapiente.

Poco sociale è l’occhio
che vede rarefatte le cose.