La natura che è morta
Due
mele rosse o una rossa, due gialle, come teste (idea di calvizie,
di fuoco), uno, due grappoli d’uva (testoline di fanciulli), due pere, noci sparse:
festival del dono, da vedere, ordine taciturno, fine della strada;
paradosso della strada: (essere) senza vie d’ uscita ... fine del viaggio ...
Conclusioni
forse banali - congratulazioni fatte al pittore per la sua natura morta, morta per consuetudine e cioè per la miliardesima
volta: mani gentili, però, ora che vedo, mani tessitrici: nelle mani di una
donna il paradosso si fà ponte,
saltella con delicatezza, quasi-cristiana ...
Essere anguilla
Perché io, anguilla,
vivo in funzione dell’acqua dolce?; e inoltre: che cosa è per me spazio e che cosa
acqua? Cosa sarei io, anguilla, e cioè: cosa sarei perché lo sarei rispetto a
quale modello di materia? E cosa sarebbe vita, se ciò che voglio alla fine è a
qualsiasi costo oceano?
Essere anguilla, sfuggente, ontos on; forse una penetrazione per la penetrazione, nello
spazio e nella materia, al di là della salinità delle acque e del clima, dei
volti dei ragazzi che mi potranno catturare per gioco in qualche pozzanghera
privata di senso.
Travasi di senso in
quei ragazzi, nella loro storia ...
La tartaruga e il lucente
Sono alle volte una
grande tartaruga, il corpo capovolto che non riesce a rimettersi sulle zampe (grinzosi goffi possessi); mi riconosco
alle volte nella sensazione sovrastante del rumore di una serie di
semiruote di metallo lucente che lavorano oscillando rigorosamente, in un
moto per me intoccabile.
Io immobile vedo dal
basso tutte quelle ruote-scale e così sono riverso, immesso in un gioco
incalcolabile di mosche arcaiche rumorosissime.
Sono in questo modo
una grande tartaruga capovolta, ho sopra di me il cielo pieno di luce, a
tratti abbagliante, e così mi viene spontaneo sospendere il giudizio, rassegnarmi,
attendere ulteriori segnali.
Preferisco pensare
al poter non capire di capire ... Ma con quanti rimpianti per la mia
fragilità!
Stagione d' ombre
Ce ne stiamo come
calde ombre quando ancora l'autunno non grida e l'estate s'allunga
insinuandosi nelle cose.
Qualcosa che è trascorre e noi si va col sentimento
dall'esser ombre al vedere ombra attorno a noi.
Il teologico
Teologico che si
culla in ogni fango, ogni pubertà ...: il mio Jesus hegeliano era (che cosa?) me fanciullo
... mi sentivo inerte nella casa dei nonni paterni. Poi si è come levato
il vento, a sospingermi fuori da quella casa ...
Son tramontato io a
mia volta?
Paura di Pan
Paura
di Pan, passi innumeri compiuti nel linguaggio, paura-certezza; ovvero: seme caprino solo apparente, indelebile
nel cuore agreste o boschivo della cultura.
O
piuttosto è la rivelazione, finale, attesa, il temuto-amato (nonsorprendente)
dell’intuizione, la sua magrezza,
che viene dopo un lunghissimo aver camminato-cercato, inutilmente, aver
percorso quella strada sulla quale ci eravamo scoperti, ridestati; aver
attraversato una pianura (casa, anche,
di desolazioni); esser saliti su una collina, per osservare meglio, per
capire, per carpire; essersi alla fine addormentati, dopo la lunga vana
ricerca? ...
Ed
aver trovato l’intuizione vicina al sasso del caso, sentendola come non
nostra ... noi riversi, nello stato di veglia, e Pan lì in piedi, che ci
guardava: lo stava facendo da tempo, innocuo (forse) com’è, ombra schiacciata contro il sole, quasi indistinguibile
dalla casa di luce, del sole.
Incontri
C'è sempre un
tramonto, di fronte ai nostri occhi, diceva lui, rompendo il silenzio,
voluminosa paura contaminata.
Lei
distoglieva gli occhi dal sole, dal paesaggio, guardava l’amico, e dopo un
momento osservava gentile ma decisa: Il
sole è uguale, per tutti. E’ strano come ti somigli un po'...
Era
la possibilità che incontrava il progresso, prima del tramonto di un sole
giallo-oro. Sei-sette-otto ... cento?
Voglia di nuotare?
Volontà: di camminare con il
male (lo si fà, sempre, con il sole);
studiare le sue sere, assisterlo nel tramonto, portare fiori in dono al male,
la sera: (sacrificare agli dèi ed) essere così primaverili? Voglia forse di
nuotare?
Lancette
Di
lontano vedo la schiena di un antico: contadino o filosofo, greco, pugliese
... sul dorso di un asino, come fosse il ridicolo dell’amico. Traversa un
uliveto, bizzarro ... indifferente. Lo chiamo, con vari nomi, ma non mi ascolta
...
Vedo
il cielo, che scintilla, poi le mie mani, le dita, dove si segna il tempo ... Lancette
di un orologio?
Morale
Morale del saggio, pietra su pietra, confacenti; arte della costruzione, della consolazione o del
piacere.
Pietre ben tagliate,
forse non molte, morale del taglio; alcune però - le più importanti - hanno
contorni che fuggono nel profondo.
In superficie resta
l’arpa, la prosodia, l’aritmetica non la matematica dei sensi ...
Paradosso sul fratello
Dopo anni il fratello
si confida. Un fratello è sempre innocente; quanto candore nei suoi occhi, di
un caldo nocciòla!; hai ancora nella mente un bel viso di bimbino, bisognoso
solo di aiuti ...
Ma ora è tardi: egli
ti apre il suo cuore e ti accusa di avergli procurato un male fisico al
ginocchio, molti anni fa, che poi lo ha portato a soffrirne a lungo; lo ha costretto
sul lettino di una clinica. Ti accusa di avere attentato alla sua sanità morale
con le tue idee ... Sembra ogni tanto che egli ti guardi con odio; ma il suo
modo di guardare la luna, la sera, è immutato ...
Tuo fratello, di
pietra bianca ... tornerà presto a sorriderti e ad abbracciarti ... nel suo
essere come scolpito. Forse lo avrai solo immaginato…
Femme-Christianisme
Te ne vai - forse d’aria - per il cielo con il tuo biancheggiare, femme-christianisme[1]; la
virilità dietro di te si attarda: ha dinnanzi viaggi nella castrazione, cui
sembra predestinata; tu pungi così, volgendoti indietro sorridente, maschi
eroici, inverecondi ...
Ritagli realtà spirituali parlando, sorridendo, educando...
Comicità-tristezza
Comico disseminarsi nella storia, disgregazioni che
sono mattoni per ogni possibile teorìa dello
scopo.
Disse un giorno la
filosofia greca[2],
giunto il tramonto di certo suo naturalismo: Se nelle femmine degli animali le mammelle son sotto il ventre, è perché
ne fossero protette ...; essa, cosiffatta,
sul sentiero delle grandi riforme di ragione mai si è domandata: Dove sto andando, in questo momento?
Comicità-tristezza, allontanarsi silenzioso della dottrina dello scopo dalla nostra riva
sentimentale, profondi segnali di una partenza ...; possibili confutazioni
di quella dottrina ad opera di un bimbo; ovvero sua comicità, quasi-notturna:
il bimbo lascia che lo si nutra, lo si lavi, lo si vesta, lo si pettini, lo
si guardi, lo si protegga; vuole che così sia perché egli possa un giorno mostrarsi, così costruito, inconoscibile ... Il figlioletto,
così adorabile, è un mostro?
... Comicità,
inesausta; il vento anche ora si leva, inatteso; e come in uno strano sentire
la corda che io sono si tende: svelarsi d’improvviso dell’indicibile, anche
nelle confutazioni ...
Strategia e gioco
Il bimbo disegna (e ridisegna), ovvero guerreggia ... Disegno
della guerra, strategia e gioco, cose molto antiche; profondo è il vento che
le trasporta negandole (Il maestro Guan
dice che le valutazioni strategiche devono essere effettuate in patria[3]) ...
E di più, ancora: disegno del sogno religioso,
il voler formare le acque, dominare-ammansire, l’oceano ... anche un gran
mare, un cane violento ...
Questo è il bimbo:
sembra quasi preesistere al dolore,
alle stagioni, a giorno-e-notte. E’
proprio colui che gioca, prima di tuffarsi nell’oceano.
Un nuovo fratello
Fine-novecento, una estetizzazione che non teme l’arresto,
intelligente come la spazialità di una sedia; il gomito poggiato da qualche
parte, l’aria che s'insinua fra il colletto della camicia e il collo, l’esitazione da seduti, una certa
quale fissità, un interminabile racconto. Oppure anche: l’indeterminabile
della rappresentazione; il frugare in
soffitta, pur di succedere nel gusto del linguaggio-frumento; il giocare a
nascondino con l’aspra crosta terrestre, il blandirla; il procurarsi
affermazioni ...
Affermare - mi dico quest’oggi - è come donarsi un nuovo fratello ...
Antichi dèi
Antichi dèi inesistenti, ma con tracce; il loro
stuolo ... nebbie suadenti, intoccabili, nascondigli;
eppoi il linguaggio che resiste nel linguaggio; ovvero: giocherellare di brava gente nella giostra
degli antenati: lassù nel cielo stellato si vedono poeti, scienziati,
scultori; cittadini esemplari... migrazioni del sangue, assai notturne.
... Siamo popolo,
nazione, stracci gioiosi dove palpita un cuore. E cioè: lasciamo moralmente ad
altri il percorso: chilometri di terre ghiacciate e prive di case, forse di
ogni cosa che si possa pensare come cibo
...
Antichi dèi, un sommo sentire; ma caldo moderno plaid offertoci dalla psicologia. Ovvero, detto dal Figlio
allo spettro delle sue paure: Ho letto,
Padre mio, sulla civiltà, un libro di psicologia ...; diceva: “crollo della mente bicamerale”, “nascita della
‘coscienza’ presso alcuni popoli dell’ antichità” ... Ho visto così antichi
templi, un colore straziante ... (Primo sorridere dello spettro: la pioggia
notturna libera le nebbie al mattino.)
... Negli antichi templi i re-sacerdoti udivano
la voce del dio. Ora so che intere civiltà si ressero su allucinazioni
uditive; ma questo forse non mi sorprende ... Ecco, Padre, il mio sapere-arrossire .... Come dire? ... Tutto questo è
profondo costrutto, malattia chiusa nel tempio, malattia-ordine. Un balletto
realistico, fra grazie ... (Secondo sorridere dello spettro, in fondo
bello ...; ma ... ancora quel colore straziante, complicato dal sole ...)
Lei minuscolo velame per una barca amica, è questo, questo senso del dono, della
paura, della ragione minima, della piccola travolta sessualità: nell’immergersi nell’acqua, nell’entrare in una casa, in un cuore, senza risposte.
E’ una vita trascorsa
fra queste piante senza che vi fosse un giardino, fra questi muri senza che vi
fosse casa; o anche: regressione dell’ anima nell’acqua [4];
laddove si ha la matematica ottusa dell’essere, del limite, delle
circolarità rifiutate: così si muore, come si vive, come si entra nel piacere
...
Il silenzio
Il silenzio è ciò che non dirò mai, o che
non posso dire. So della tragedia, che s’imprigiona nel mio antro sino alla
trasfigurazione: in sogni, in astri, in dèmoni, in parole, in frutti; solo
così può uscirne ...
So degli uomini che s’ innalzano e come il fumo dileguano[5] ...
Novum Organum
Novum Organum: alla natura dovere obbedienza[6],
ovvero comperare.
La mia casa un giorno diventò moderna; si popolò di nuovi strumenti: per snidare, misurare, identificare, plasmare; per amore-necessità, non so se lieto ... lì per lì mi sentii potente, rassicurato: stavo cambiando?
La mia casa un giorno diventò moderna; si popolò di nuovi strumenti: per snidare, misurare, identificare, plasmare; per amore-necessità, non so se lieto ... lì per lì mi sentii potente, rassicurato: stavo cambiando?
Dietro gli strumenti
s’affacciarono piacevoli i fantasmi ...
Bussano alla porta
Bussano alla porta,
questa sera: sono anime, che vogliono
uscire dall’ impercettibile?; cavalli, che vogliono entrare nel verde (bosco,
pianura, breve del prato...) della nostra mente? Sono aquile chiamate a nidificare sopra il nostro abisso; o forse è il
nostro stesso nudo, che cerca la
luce?
L’ animale
L’intelligenza è l’animale che si nasconderà sempre,
giorno e notte, da qualche parte, perché noi dabbene si possa affermare che essa esiste, e le si possa trovare
un abitino adatto.
Concretezza e
presenza-assenza sono l’animale, che non abbandona mai la sua tana; l’intelligenza è mutazione e fumo ...
Accenti questi di un’epoca dell’eco senza oggetto.
Elemosine estetiche
Il mio scopo, come
pelle indurita, è povero vetro esterno.
Veste cose svanite?
Solo elemosine estetiche, che restano
nell’intelligenza? nella evoluzione degli oggetti, se è vero che ciò
che è riproducibile per ciò stesso non è più ...
Rimbombo poderoso -
come per una caduta d’ altro - della riproducibilità
e messa a nudo[7]
dell’ estetica (povero vetro esterno) dell’ intelligenza, nella evoluzione
degli oggetti.
Philosophy of the Poors
Se l’occhio cade su
un rosso tramonto, o su fili d'erba prosciugati dal sole della prima vera
estate, balena nella mente una grande sabbia: si chiama Philosophy of the Poors.
Il tempo si scopre
privo di finalità ... voragini, non più fecondate dal sonno; non più risorte
nel mio mattino teologie possenti.
Ascolto nel mattino
un suono ostinato di campane, forse uno sciamare, o un fruscìo, un empirismo
che non ha più piedi per toccare la Terra, e si è munito di ali per volare, ampie e variopinte, ali
fragili all’ urto di venti forti.
Gli angeli barbuti
fuggono, ora; è l’ ombra che vedi passarti
davanti, ombra della natura; ma l’hai tu solo
pensata?
Vaso per fiori
Che cos’è quel vaso per fiori, che non è
costato molti soldi, venti anni fa? Ho donato la cosa, ricordo, a mia madre; e
ora la ritrovo, presso di me, dolorante. Mi viene incontro, stando in un
angolo?
Che cos’è quel vaso per fiori, con il denso blue, venature come labbra, il sabbioso
della sua ceramica, che nasconde un macchinario, mani, occhi, figlie dell’artigiano, con le gonne, le camicette, le gambe ...: tutto da immaginare?
... E la sua sensualità dorata impressa in forme di foglie (specchiate tinte e lucentezza) venate
di bianco: che cos’è?
Forse è che mai
illanguidisce, di fronte alla storia della mia insensibilità.
La firma
Attimi di gelo,
ovvero: rapporto che ho con la (mia) firma ...; la firma è gesto minimo; tombifica? [8] Essa incide, è scriptura-erezione, entrate-uscite
dalla virilità-albergo, piedi minuti ridicolizzabili.
Per fare tutto questo
essa ha bisogno di mani ... Lì per lì
mi domando dunque: di cosa è fatta in fondo la mia mano? ... Ho paura che si
possa frantumare ... Qualcosa di non suo si riverbera in lei ...
La scrittura, la
firma, conclude, ed in questo va
attuata; ma sono lambito nel farlo da un’ombra, un sentirmi predestinato
... E’ forse lo stritolamento di ogni stile?
Non di ogni possibile, però (il
possibile che è anche un velo) ... Allo stesso tempo l’affidarsi improvviso alla scrittura è forse
il traversarsi, l’essere fune dolorosamente,
e sotto avere lo strapiombo.
... Il sentire in quella firma fugge, è e non è
il mio sentire. E’ accaduto che io
sia stato gettato nell’ età adulta, e oltre, come in un campo di grano, alto,
giallo, ricco di ragni, segni della mia ignoranza; è accaduto che io volessi
fortemente tornare indietro; ma questo io sono, mi dico, se sono ributtato su di me ... Non sono libero nemmeno di
crollare nell’ arcaico, per paura che esso mi neghi: puntellare allora la scrittura?
La mano e la materia
Stranezze in certi
momenti della materia, che si muove; incresparsi di qualcosa, nei miei
sentimenti. Non so se sto osservando il movimento, preso di per sé; non so se
ho a che fare con piedi o con mani, mani lontane o d'altri, oppure mie ...
Sensazione del tatto, materialismo che defluisce in
categorie: calcolo scrupoloso della distanza: fra la mano (di una lei) e gli occhi (miei); confronti assidui dell’immagine di questa mano destra, di
questa donna (pianura, con sassi che
si raggrumano, qua e là ...), con quella della sinistra.
Raffronto (susseguente, conseguente?) fra quella mano destra e la mano destra di altra
donna: altra mano, destra?, a questo
punto? Domando inconcludente infine:
ma come debbono essere le mani? Che pensare, più di quanto io non creda, equivalga
a rinunciare?
Danza e non
Non amo la danza, se
non forse un po'; non amo danzare, perché ho paura che il mio corpo si
trasformi in un cartoccio o in un sacco ...
E se poi così
divenendo un vile contenitore di castagne, di noci, di pere, o di corpicini di passeri stecchiti (da trasportare o da consegnare, prontamente),
fosse liberata proprio l’anima?
Prima esitazione, del discorso su «corpo e anima», presso la soglia di antichi
dilemmi ... antichi templi ... Non
vorrei entrare in quel tempio, per le molte paure: potrei tornare al vecchio dubbio, e preferisco l’aria aperta, il
quieto sussurrare del cielo, la certezza-senno delle cose ...
Eppure mi piace, l’
antica danza, come può piacere ad ognuno uno stare di forme di abbandono,
un qualche angolino lindo del dionisiaco che possa confinare col nulla, confutare
il nulla: un altro sé. Mi piace
il passo cadenzato nel verso che non sia un non cambiare veramente; mi piace
il filosofo occidentale che parli da erudito suicida nativo del dionisiaco:
il corpo come il limite ... e dunque poi ancora soglia finale, francese, della nudità; nudità di
scuola.
Ma allora già sono
forse cartoccio o sacco, già è come danzassi? ... Sono nato danzando, fra cose
...
Motore inconfutabile
Dice il mio
tecnicismo, come fossero faccende del cuore, dell’ onore: vorrei salvarmi, nel più che moderno di un’ autovettura potente dal motore
inconfutabile che non sa che farsene dell’ enfasi, del pilota o del
meccanico. Lei sarebbe l’occhio, la
mente, l’isola verde ... Vorrei salvarmi nel sapere solitario degli occhi,
dell’abitacolo, un mantello-metallo,
trasparenza-abisso del cristallo.
Narra così l’antinutrice: prima venne l’acqua, poi lo specchio, poi le lenti bifocali, poi
schermi-autovetture ... Sono schemi per l’animo, in fuga dal nulla ...
La sedia e il seno
Fastidio, della
mente, nel dover vedere dove si nasconda la dignità di una sedia, il suo
strano essere sedia: una rincorsa impossibile?
... Forse soffre, la cosa; e le sue
invocazioni assomigliano al silenzio; ciò che ad essa sembra appartenere
(come l’ uso, la forma, lo spazio) è
devastante ...
Sale alla mente,
nell’ analogia, la linfa della madre, che non chieda ma doni ... ovvero ancora
il silenzio, che provoca la conoscenza; il dover rovistare qua e là, per
puro sentimento del dovere: forse è una qualche ignoranza del bene, ineliminabile? ... Pudori fortissimi ...
Fastidio, della
mente, nel dover parlare del rapporto fra il seno, materno, pre-materno,
e l’ essere: anche qui è dolorante
la mente, impacciata, presto nervosa; un serrarsi di porte di ferro.
... Misteri
imprigionati nella cosa, in
conclusione: su questi ghiacciai, lungo certi pendii, non tutti sanno camminare,
perché saper camminare significa saper prima correre, e saper prima correre
significa sapere ancor prima cadere ...
Gusci d' uovo
Gusci d'uovo, forme
dell’uovo: materia: le percorro una
ad una, con i polpastrelli delle dita: diversità di forme nella stessa rotondità;
rotondità plurime della materia, che s’ impara a vedere; materia d'uovo,
fisicità delicata del calcio; rotonda
testa, di un fanciullo; rotundus deus di antichi pensieri
latini, amabili conversazioni di una villa, scritture, e vicino cibo in abbondanza,
e libagioni: diversità dei livelli del vino nei boccali ... Quel dio sulla
cui natura s’indagava con filosofiche parole, non può nascondere il suo essere
in quanto esser fatto di, molto a
lungo. E' uovo, materia, uovo, simbolisticamente, idealizzato in circolo.
La schiena
Qui
forse oggi si conclude ogni domanda-parabola sull’ essere, che sia essere-stato.
Nessuna faccia, nessuno: l’ essere ora è in ciò che volge la
schiena ... Figura, presa di spalle, chiusa nelle spalle, che non si dissolve,
non si difende; anonima con una giacca lisa, sua-non sua ...; e ancora: distesa di foglie, di capelli ...; il
bestione peloso, montuoso, l’ essere,
mi volge la schiena ... è dentro una giacca, un sacco, un manto, dentro l’ aria
... Ovvero può essere un tronco d’albero che è stato bruciato, l’identico
dell’albero, oggi e duemila anni fa; il vagone al mattino di un treno del
tardo novecento, contorto, dilaniato dal fuoco; una sfera di fuoco?; può essere
montagna durissima, deposta nella sua impenetrabilità ...
Il farmaco
Senso, riassunto
breve, della nostra farmacofilìa. Si
ricerca il piacere, sostenuti da una fede inconfessata (un po’) in norme, da tener fuori: le norme ci sono,
debbono essere, retrostanti, in qualche angolo della natura, della nostra passività:
di fronte a ciò che è esteriore.
Il farmaco
sprigionatosi dalle cose è lì sul tavolino che canticchia, mi guarda
rallegrato e vuole esser preso, inghiottito, trasformato: per prendere, inghiottire,
trasformare me, rallegrandomi.
Equivalenza di tutto
ciò con un percorso tecnico. Il farmaco è vero,
come questo ponte senza il quale non supererei il fiume dalle acque oscure:
ostilità in quelle acque, fiume-essere che fà sembrare di essere, catapultando
fuori di sé piedi e mani, teste e cuori ... Balletti di ogni mia possibile
morale (nel mio modo di guardare quel
farmaco) ...
Esso ora mi è molto
vicino, e si sbilancia in promesse; di vite sorridenti, di gioia, di vittorie;
sopra la mia testa è tutto come un dolce calare delle stelle ...
Un castello-cervello
La vita si è cullata
in te, per millenni, ellittica madre; ora ha bisogno di un’ artificialità, di un mondo non vero, non proprio come di un mondo
non vero; per avere sollievo.
Aveva già il sogno,
ma ora non vuole barattare l’ evidenza coi sogni ... Lei, come cuore nella
storia, finalmente si racchiude in sé, desidera una casa che non sia una
casa, e piuttosto sia un castello.
Abbandona le mura
invecchiate, con sensi di paura: vedeva impressi nell’ alba i molti cani
randagi che mordono i polmoni, disperdendo i doni nella ferocia ...
Versa dunque nell’ abbandono, quella pallida vita? ...
Ora vede un colle
verdeggiante, fuori le mura; sopra quel colle nascerà un castello, per il
cervello: un castello-cervello,
logica immediata che subentra alla musica, il desiderio, che veleggia nelle
pieghe di ogni oggetto, nell’ essere
ogni oggetto ponte ...
Guarda dentro il fatto-flutto della storia, la vita, come
in un’ ombra, guarda nella spaccatura di un frutto crollato dall’ albero,
guarda verso il cielo: il castello-immagine si trasfonde in una macchina, un
cervello artificiale. La strada traversa il bosco, obbligando l’essere a seguirla
...
Pioggia e futuro
Pioverà, sopra il
millennio, per anni e anni; riaffioreranno scene d’ infanzia, ristagneranno
echi del passato; emergerà allora una voce gelida:
«Sono lassù, Amore, al cospetto di un
videogame; sono un bimbo che gioca
racchiuso in un cerchio. Non sai chi sono veramente; sarò il bimbo sovrano,
fino alle soglie della violenza; niente più di sequenziale finalmente: dimenticami
...».
Qualcosa dell’
infanzia si era sempre cullato in lui, nel suo essere adulto, nel suo ventre
di schiavo dagli occhi dolci; ed ora non chiederà che di giocare: è rimasto
qualcosa di lui, del legno o del metallo da cui era nato?
Ora, nonostante la
tempesta, sarebbe stato per sempre racchiuso in una cosa, nel suo sogno più
frequente: quel bambino che era il mio destino ...
Nevi di marzo
Io forse-moderno cammino lungo una
stradicciòla campestre, cammino nel cuore della storia: stanze non mie. Vedo
la neve ammucchiata ai lati del mio cammino: adorabile laboriosità umana,
caffè bevuti fumanti, un gran parlare ...; vedo cavità-nidi, civiltà: è la neve di marzo, con le sue dita, la sua levità-dono ...
Ora, cessando il novecento
(l’ orrido del tempo storico, così acquerellato),
io mi fermo di marzo ad osservare la neve ... Se levo gli occhi al cielo ho
cime innevate.
Piedi nella storia,
fra nulla e religione.
Declinazioni: quattro di maggio del ‘92
Quattro di maggio,
del ‘92; ora ci sono dentro. Dico quattro di maggio del ‘92 per dire:
in qualche modo il
mio sollievo, nel tepore,
la fine della primavera
con le sue precocità,
la fine del freddo
che mi è sembrato sovrumano,
i passeri che con i
loro voli nervosi dovevano sempre commisurarsi alla fame, al gelo, alla fuga
...
Che ora molto cambia:
che gli uccelli
scelgono il mio terrazzo, che vengono le amicizie del terrazzo, un’ apertura in
me,
che da qualche giorno
riascolto, al mattino, il canto degli uccelli, la parola che infrange la storia,
che trapasso l’insincerità.
(quel canto sento che
presto si tradurrà in calcolo, in lavoro, in pane, che si rinnova ...)
Il sole che viene e va
Correre, in un
giardino, e raggiungere un bivio: tutto finché è vivo raggiunge un bivio, dopo
avere camminato a lungo, amato a lungo, rinunziato a lungo, mangiato a lungo: bivio dei sensi ...
Ovvero ci si arresta
improvvisamente, nella corsa, si cade nel dubbio, perché l’ aria è cambiata,
il freddo è sorprendente, ha la stessa naturalezza del caldo e questo fà male;
è male fisico, muro improvviso ...
Tutto è perché accade
in un giorno di primavera in cui il sole viene e va; tutto è un po’ ingresso di
caverna ...
[1] Identificazione nietzscheana (Crepuscolo degli idoli).
[2] Aristotele.
[3] Sun Tsu, L’ arte della guerra (trad. it., Roma
1990, p. 42).
[4]«Per le anime è morte diventare acqua»: Eraclito, Dell’ origine (frg. n. 112, ed. Tonelli, Milano 1993).
[5]
Empedocle, Poema fisico (Proemio,
vers. 32: trad. it., Milano 1993).
[6] Noto principio baconiano.
[7] Minskiana.
[8] Spunto tratto da J. Derrida.
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